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 Nanette, Stand-Up Comedy e narrazioni appropriate

Nanette, Stand-Up Comedy e narrazioni appropriate

Recensioni amatoriali da un punto di vista di genere

Giovedi, 23/08/2018 - WINNER BEST COMEDY SHOW Edinburgh Festival Fringe 2017.
WINNER BEST COMEDY Adelaide Fringe Festival 2017 .
WINNER BARRY AWARD FOR BEST SHOW Melbourne Comedy Festival 2017.
WINNER BEST COMEDY PERFORMER Helpmann Awards 2017.

All'inizio di giugno mi aggiravo come un avvoltoio per Netflix in cerca di comedians donne. Snocciolavo show  "al femminile" un dietro l'altro chiedendomi come mai questi non abbiano la stessa visibilità di quelli confezionati dai colleghi uomini. Queste donne sono professioniste talentuose e convincenti tanto quanto i colleghi. E ce ne sono parecchie, solo per citarne alcune Amy Schumer, Cristela Alonzo, Sarah Silverman, Iliza Shlesinger e Jen Kirkman. Anche "the Mash Report" (BBC)[1] regala alcune chicche e confido si vada avanti in questa direzione.
Poi, leggendo qua e là, trovo buona compagnia nel coltivare questa prospettiva e l'interesse per l'ironia al femminile; Chiara Galeazzi ha firmato un informatissimo ed interessante articolo[2] sul tema in cui sottolinea come ci si aspetta che le donne ridano di quanto viene riservato loro, ma non è previsto che usino il sarcasmo per costruirci sopra una loro propria narrazione comica nonostante l'ironia sia considerata precisamente uno degli strumenti da outsider per raccontare discriminazioni e ingiustizie.
L'ironia è sopravvivenza, vero. Poi il 26 giugno mi imbatto in "Nanette", lo spettacolo di Hannah Gadsby. Wow. E' stato davvero un colpo di fulmine, accompagnato da sensazioni ambivalenti.
E' da circa due mesi che voglio scrivere qualcosa su questo spettacolo emozionante e dirompente. Prendo tempo, scrivo e cancello, non sono mai soddisfatta. Non so perchè, sicuramente c'è di mezzo il fatto che è difficile non spoilerare per poter dire qualcosa che renda conto dell'impatto, ma non è solo questo. Non lo so fino in fondo cos'è che non riesco ad acchiappare e l'ho visto a questo punto almeno tre volte, lo spettacolo. Bene. Quindi mi rassegno e rinuncio alle mie manie di esaustività, non lo sarò. Avrete capito che lo show va visto, almeno una volta, poi fate voi. Nell'ambito della stand-up comedy fa storia a sé, è dichiaratamente una presa di posizione ed una critica "a partire da sé" al genere stesso, in particolare ad alcune scelte narrative. Non solo in relazione a questo tipo di spettacolo ma anche alla lettura che si dà ad altre forme artistiche e ad alcune categorie descrittive.
Dissacrante è dir poco. Niente risulta banale. Durante l'ora e passa di monologo si snoda un discorso in cui quello che è stato lasciato a margine per qualche momento viene puntualmente ripreso e portato a compimento.
Si parte da un chiaro posizionamento e si va avanti attraversando diversi temi e spunti, tra cui anche quello della sopravvivenza tramite l'ironia, o più precisamente l'autoironia. In un altro genere di capolavoro, il film "sei gradi di separazione"[3], il personaggio interpretato da Stockard Channing si chiede come relazionarsi alle narrazioni anedottiche e trova una sua risposta. Anche qui si gira intorno allo stesso nodo e tra una punch line e l'altra seguiamo un ragionamento sulla gestione delle storie.
Sulla potenza delle storie e sulle scelte che si fanno intorno allo storytelling, che è questione politica come già evidenziato da un'altra Hannah[4]. Lo spettacolo di Hannah Gatsby si articola intorno a questo.
Ovviamente evito di entrare nei dettagli, ma sappiate che le questioni vengono messe sul tavolo, senza risparmiarsi nulla e la cosa fa il suo effetto. Come qualcun'altro ha detto, questo spettacolo lascia il segno. Poco ma sicuro è un modo decisamente atipico di fare stand-up comedy: assistiamo ad una torsione e da spettatrice devo dire che l'effetto è straniante, mi aspettavo di trovarmi in un luogo ed invece sono stata gentilmente accompagnata altrove. L'operazione ha senso ed ancor di più ha valore perchè racconta qualcosa di autentico insieme alla volontà di tenere il punto. Serve. Fa bene. Hannah con esperienza e presenza è davvero capace di far sentire la sua storia attraverso la sua prospettiva, dichiarata dall'inizio.

[1] The Mash Report con Rachel Parris: https://www.nme.com/blogs/tv-blogs/rachel-parris-interview-mash-report-2241106-2241106
[2] http://www.linkideeperlatv.it/satira-al-femminile/
[3] Six Degrees of Separation, regia di Fred Schepisi: https://www.imdb.com/title/tt0108149/
[4] Hannah Arendt, "The Human Condition", 1958; prima traduzione in italiano: "Vita Activa", 1988.

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